Il Tai qi aumenta le dimensioni del cervello e ne migliora le attività cognitive
il sabato 15 settembre 2012 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto

ScienceDaily (June 19, 2012) — Gli scienziati dell’Università del Sud della Florida e dell’Università di Fudan a Shangai hanno, in uno studio condotto su cinesi anziani che praticavano il tai qi, scoperto che in essi il volume del cervello aumenta e che i test che valutano la memoria e le capacità cognitive migliorano con il passare del tempo. I risultati sono stati comunicati in un articolo pubblicato in giugno sul Journal of Alzheimer's Disease.

Lo studio, durato otto mesi, stato condotto su due gruppi di persone, uno di questi praticava il Taiqi e l’altro di controllo non svolgeva alcuna attività. La pratica del Tai qi conduce i praticanti, come si è detto, a un aumento del volume del cervello e a un miglioramento dei test psicologici che valutano la memoria e l’attività di pensiero. Le persone che non praticavano il Tai qi, mostrarono di avere nello stesso arco di tempo una riduzione del volume del cervello, confrontabile con ciò che accade alle persone tra i 60 e i 70 anni.

Risultati analoghi a quelli ottenuti con la pratica del Taiqi erano stati ottenuti in precedenti studi, nei quali le persone svolgevano attività aerobiche o che partecipavano a discussioni attive, tre volte alla settimana per lo stesso arco di tempo (circa otto mesi).

Numerosi studi hanno evidenziato che la demenza e la sindrome di deterioramento cognitivo che la precede sono associate con una crescente riduzione del volume del cervello, connessa alla graduale perdita di connessioni tra le cellule nervose.
Il Dr. James Mortimer, professore di epidemiologia al Collegio di salute Pubblica delll’Università della Florida del Sud e coordinatore della ricerca, ha commentato:”La possibilità di invertire questa tendenza mediante l’esercizio fisico e l’accresciuta attività mentale, implica che è possibile ritardare il declino delle attività cognitive negli anziani”.

Rimane ancora senza risposta il quesito: può l’attività fisica e l’esercizio mentale contribuire anche alla prevenzione del morbo di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza?


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