Il suono nella cura delle malattie
il giovedì 10 maggio 2012 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto

Le vibrazioni delle basse frequenze possono essere utilizzate per eseguire un massaggio profondo di tessuti e organi al fine di trattare alcune malattie, tra cui il Parkinson o la fibromialgia


Non si tratta di una qualche diavoleria in stile New Age o presa a prestito da un fantomatico stregone, ma di una terapia sonora sperimentata dai ricercatori dell’Università di Toronto del progetto Music and Health Research Collaboratory (MaHRC), coordinati dal professor Lee Bartel della Facoltà di Musica presso la UT.

L’hanno chiamata “Vibroacoustic Therapy”, una sorta di massaggio profondo che sfrutta le onde a bassa frequenza, testato clinicamente. Questo massaggio, secondo i ricercatori, può essere d’aiuto per le persone affette da malattie debilitanti.
«Si tratta essenzialmente di stimolare il corpo con il suono molto basso: come sedersi su un subwoofer – ha spiegato nel comunicato UT il professor Bartel – Ma richiede altoparlanti speciali che riproducono un suono troppo basso per essere udito in un modo che cambia sostanzialmente ciò che si prova, piuttosto che udirlo».

Gli esperimenti condotti da Bartel e colleghi hanno mostrato come queste basse frequenze, inudibili all’orecchio umano, possano per contro ridurre, per esempio, i sintomi della malattia di Parkinson. Nello specifico, i ricercatori hanno esposto a vibrazioni sonoro di 30 Hz due gruppi di 20 pazienti affetti da Parkinson che mostravano almeno due classici sintomi dominanti come il tremore o la rigidità e lentezza motoria.
Al termine dei test, tutti i partecipanti – quale che fosse stato il gruppo di appartenenza – hanno manifestato miglioramenti su tutti i sintomi, tra cui una diminuzione nella rigidità e un contrapposto miglioramento nella velocità di deambulazione con un aumento della falcata nel camminare. Allo stesso modo, è diminuito il tremore.

«Ci sono stati diversi studi che hanno utilizzato le vibrazioni del suono nel Parkinson – commenta Bartel – E’ noto da oltre 100 anni che le vibrazioni in generale hanno contribuito ad alleviare alcuni sintomi. Così lo studio scientifico degli effetti del suono a bassa frequenza è stata una connessione naturale. E’ anche noto che le onde cerebrali a 40 Hz sembrano essere portatrici di informazioni tra le parti del cervello che controllano il movimento. Quindi l’aggiunta di un ulteriore stimolo in quella zona che dovrebbe aiutare la comunicazione e così aiutare nel controllo del movimento».

L’intento dei ricercatori è quello di riuscire a determinare quale sia il tipo di approccio più efficace e per quanto tempo sia da praticare il trattamento. Infine, se con l’ausilio dei suoni a bassa frequenza sia possibile ridurre il ricorso ai farmaci.
La Vibroacoustic Therapy (Terapia Vibroacustica) potrebbe riuscire ad arrivare laddove le semplici frequenze non possono, andando oltre i normali effetti sul cervello e agendo in profondità anche sul fisico. La stimolazione di pelle, muscoli, articolazioni e perfino organi permetterebbe di ridurre dolore e favorire una maggiore mobilità.

«Sono diverse condizioni le mediche, tra cui il Parkinson e il dolore nevralgico come la fibromialgia, che possono essere correlate a un meccanismo cerebrale comune: un disorientamento ritmo cerebrale tra il cervello e la corteccia interna esterna – sottolinea Bartel – Dato che gli impulsi ritmici della musica possono guidarli e stabilizzarli, ipotizziamo che il suono a bassa frequenza possa aiutare nella fibromialgia così come nella malattia di Parkinson».
Non a caso, infatti, Bartel e i suoi collaboratori stanno rivolgendosi al ruolo della Terapia Vibroacustica come trattamento per i pazienti con fibromialgia.
«Anche se è troppo presto per trarre delle conclusioni, ci sono dati incoraggianti che indicano che il trattamento dei pazienti con fibromialgia con dosi di suono a 40 Hz sembrano ridurre il dolore», conclude Bartel.
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