Lo yoga va a canestro
il giovedì 29 marzo 2012 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto

Asana e pranayama sono alleati preziosi anche per il basket. Vittorio Mattioli, preparatore olimpico e Danilo Gallinari, star dell’NBA, confermano

di Tiziano Fusella


Anche il basket ha il suo lato yoga. E a dire il vero più di uno. Apparentemente la mite disciplina indiana e la pallacanestro, in cui non è previsto pareggiare e si scende in campo solo per vincere, non sembrano avere molto in comune. Ma provate a chiederlo a Vittorio Mattioli, preparatore fisico della Fortitudo Bologna per 10 anni - decennio in cui la squadra conquistò il magico primo scudetto - e poi medaglia di bronzo con la nazionale di basket ai campionati europei di Stoccolma del 2003 e argento olimpico ad Atene nel 2004. Lui, nel binomio yoga-basket ci ha creduto subito, dopo averne personalmente sperimentato i benefici. Allora tutto il mondo sportivo guardava con scetticismo agli asana sul materassino. Li considerava poco adatti ad atleti di oltre 2 metri. E sbagliava.



La sensibilità di sé

«Chi gioca a basket - spiega Mattioli dal suo studio di psicologo a Bologna - ha caratteristiche fisiche molto diverse da quelle richieste in altre discipline. La componente fisica “di forza” deve essere costantemente stimolata, mantenendo buoni livelli di elasticità e tenuta, soprattutto in situazioni limite dal punto di vista articolare e biomeccanico. L’alternanza fra stati di forte attivazione muscolare e pause di decontrazione caratteristica del basket è l’elemento che rende questi atleti bisognosi di una perfetta efficienza del sistema neuromuscolare e del meccanismo propriocettivo. Gli esperti del settore considerano il basket uno sport molto traumatico. E proprio per questi motivi si rivela utile un’alleanza con lo yoga».


Negli anni della sua permanenza in serie A e in Nazionale, Mattioli ha utilizzato lo yoga in 3 differenti modalità: «Primo, posizioni capovolte come ad esempio Sarvangasana (Posizione della Candela). In questo modo il diaframma è stimolato a lavorare contro gravità, promuovendo una maggiore elasticità ed effetti notevoli in termini di recupero muscolare post allenamento e di benefici psicologici anti-ansia. Queste pratiche sono indicate alla fine degli allenamenti di squadra. Secondo, i cicli dinamici dell’ashtanga yoga, usati nelle fasi iniziali dei lavori fisici e tecnici come preparazione del corpo a stimoli d’intensità elevata. Terzo, brevi lavori di asana e pranayama nei giorni successivi agli impegni, per la rimozione di tossine e dello stress». E dopo qualche seduta, ecco che la curiosità dei giocatori era già conquistata.


Pratica olimpica

«Ricordo che - continua Mattioli - nel periodo precedente a lle Olimpiadi di Atene, superata la diffidenza iniziale, gli atleti richiedevano espressamente e personalmente assistenza nello yoga, perché sentivano con chiarezza il bisogno dei benefici di questa pratica. Inoltre, lo yoga è servito non solo per migliorare i tempi di recupero fra un impegno agonistico e un altro, ma anche per ottimizzare gli effetti del jetlag e della permanenza in posizione seduta per molte ore, come spesso accadeva nei frequenti spostamenti in aereo». Quando Mattioli venne chiamato in Nazionale, nel 2001, gli azzurri erano reduci da pessime prestazioni. «In quel periodo l’Italia era una squadra forte solo sulla carta, non c’erano campioni di rilievo e alcuni grandi nomi del basket diedero forfait dalla Nazionale perché non c’era confronto con le altre squadre europee», racconta.


Agli europei del 2001 in Turchia, gli azzurri chiusero al nono posto. Troppo poco per una squadra chiamata Italia. «Facemmo di necessità virtù, cercando di sopperire ad un livello tecnico nettamente inferiore alle altre nazionali europee con una cura quasi maniacale di ogni aspetto della preparazione». L’avventura di Mattioli con lo yoga inizia praticamente assieme ai suoi giocatori. «In quel periodo ero stato negli Stati Uniti a curare una pesantissima asma affrontata, fino ad allora, con dosi massicce di cortisone. Il biochimico Barry Sears mi fece conoscere la sua “Teoria della Zona”, uno strumento in gran voga negli Stati Uniti fra nuotatori e velocisti di primissimo livello, capace, a suo avviso, di risolvere il mio problema. Questa teoria mirava all’integrazione di quattro pilastri apparentemente lontani fra loro. Cibo, assunzione di omega 3 , movimento fisico e tanta meditazione.


Puntai sullo yoga. Cambiai la mia quotidianità e l’asma scomparve. Dunque, perché non provare con lo yoga anche per i giocatori della Nazionale? Il commissario tecnico Carlo Recalcati, sperimentati gli effetti su di sé sotto la mia supervisione, acconsentì a farlo provare al nostro gruppo. Dopo solo qua lche giorno di applicazione, i giocatori si accorsero di possedere una nuova energia che si traduceva in buon umore e rendimento fisico migliorato. A breve tutti vollero praticare yoga quotidianamente, rendendolo un’abitudine mantenuta fino alla fine del periodo olimpico ». E i successi cominciarono ad arrivare, con il terzo posto ai campionati europei nel 2003 e il colpaccio memorabile della medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene nel 2004, sconfitti solo dall’imbattibile Argentina, in finale.


Strumento di evoluzione

Le variabili che s’intrecciano come concause di una prestazione di squadra di alto livello sono innumerevoli e talvolta difficili da verificare. All’interno di un gruppo, però, c’è sempre l’individuo, con le sue potenzialità da esprimere e con un progetto da perseguire, ossia ottenere da sé il meglio. Lo yoga nella sua complessità è uno strumento riuscito per millenni nel compito di far evolvere le persone, renderle più serene, più equilibrate e più efficienti anche dal punto di vista fisico. Lo yoga è uno strumento capace di riportare all’equilibrio originario la sensibilità e la prontezza di tutto il sistema nervoso, soprattutto nelle sue componenti psichiche ed emozionali. Per questo, Vittorio Mattioli è sicuro che in futuro lo yoga sarà presente sempre più stabilmente nel mondo dello sport a qualsiasi livello. «“L’ottuplice via” - conclude Mattioli - accoglie in sé valori profondi, diversi da quelli occidentali, ma capaci di parlare a tutti. E di far parlare i fatti».


Una stella con il numero 8

Una stella del basket italiano approdata all’Nba. È Danilo Gallinari, 24 anni, 209 centimetri, ala dei Denver Nuggets. «Ho iniziato a praticare yoga 3 anni fa - ci racconta -. È una delle prime cose che ho imparato in America ». A fargli conoscere i benefici della disciplina indiana è il suo agente, Arn Tellem, ritenuto da Sports Business Journal e da The Sporting News “il più influente agente sportivo degli Stati Uniti”, famoso per aver mediato ingaggi come quello di Tracy McGrady agli Orlando Magic per la cifra record di 93 milioni di dollari. «Arn mi ha portato a Los Angeles, dove non mi aspettavo di trovare un mondo così dinamico attorno allo yoga; non ero certo l’unico giocatore Nba alle prese con asana e pranayama ».

La sua esperienza americana inizia nel giugno del 2008 con i New York Knicks, ma quell’estate è costellata di problemi alla schiena, che dopo 2 partite lo costringono a un lungo stop.

«Ho sofferto di protusione discale e mi sono sottoposto a una complessa operazione – racconta - ma anche grazie allo yoga ho ritrovato in poco tempo l’elasticità perduta. Ancora oggi le posizioni yoga che prediligo sono quelle in cui piego le gambe e lavoro con la schiena, per me sono un toccasana ». Non sottovaluta neppure i benefici psicologici dello yoga. «Mi sento più concentrato in campo, forse perché lo yoga mi rende consapevole delle sensazioni e dei segnali che il corpo invia». E affrontare personaggi come Kobe Bryant non dev’essere emotivamente irrilevante per il ragazzo che ha esordito nel 2004 con la maglia del Casalpusterlengo. «In partita, se pensi ai grandi nomi che hai davanti, rischi di bloccarti». Quest’anno con i Denver Nuggets Gallinari ha raggiunto i playoff e continua a macinare vittorie. Sulla maglia, ha scelto il numero 8. «So che è il numero dello yoga - scherza -, come l’asthanga yoga», ma è anche un portafortuna, legato alla sua data di nascita, 8/8/88.


Nuovi orizzonti

Vittorio Mattioli è laureato in Scienze Motorie e specializzato in Metodologia dell’Allenamento e Fitness. È uno psicologo iscritto all’Albo dal 1997. Vissuta con grande entusiasmo l’esperienza della Medaglia d’argento con la Nazionale di basket, ha da allora accantonato il lavoro nel mondo sportivo agonistico per dedicarsi a tempo pieno allo studio della psicologia, della meditazione e alla cura, con la naturopatia, di malattie psicosomatiche.


Fonte

Copyright © 2009-2020 Maria Grazia Mauri

Webmaster Maria Grazia Mauri