La meditazione Zen aumenta lo spessore della materia grigia e riduce la sensibilità al dolore
il sabato 27 febbraio 2010 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto


Un nuovo studio conferma l'efficacia della meditazione

Già un precedente studio, di non molto tempo fa, aveva posto l’accento sull’efficacia della meditazione nel ridurre la sensibilità al dolore e, quindi, permettere di ridurre i dolori senza dover ricorrere a farmaci antidolorifici.
Oggi un nuovo studio conferma quanto già detto e aggiunge come la pratica meditativa zen possa far aumentare lo spessore della materia grigia del cervello.

I ricercatori canadesi dell’Università di Montreal hanno analizzato lo spessore della materia grigia di soggetti dediti alla meditazione Zen e soggetti che non la praticano.
In questo modo hanno potuto provare che la secolare pratica rafforza una regione centrale del cervello detta cingolato anteriore o corteccia cingolata anteriore. Questa e l’area del cervello deputata, tra gli altri, al controllo di emozioni, dolore e risposte emotive.

«Durante la pratica i soggetti che meditano mostrano un’addensarsi di alcune aree della loro corteccia e questo sembra essere alla base della loro sensibilità inferiore al dolore», ha dichiarato Joshua A. Grant che segue un dottorato presso l’Università di Montreal. In particolare, con questo nuovo studio «abbiamo scoperto una relazione tra lo spessore corticale e la sensibilità al dolore, che sostiene il nostro precedente studio su come la meditazione Zen regola il dolore».

In questo nuovo studio pubblicato sulla rivista dell’American Psychological Association i ricercatori hanno reclutato soggetti dediti alla meditazione e no. Allo stesso modo i volontari appartenenti ai due gruppi non avevano avuto esperienza di dolore cronico, malattie neurologiche o psicologiche.

Per misurare la resistenza al dolore, ai soggetti è stato posto e fissato al polpaccio un disco riscaldante che procurava fastidio e dolore. Mentre i soggetti erano sottoposti al test si eseguiva una scansione del cervello per mezzo di una risonanza magnetica strutturale.
Dalle immagini ricavate mediante la scansione si è visto che le regioni del cervello coinvolte nella regolazione del dolore e delle emozioni erano più spesse nei soggetti che praticavano la meditazione, rispetto a coloro che invece non la praticavano.

Questo maggiore spessore, fanno notare i ricercatori, si traduce in minore sensibilità al dolore. In più, la pratica della meditazione facendo aumentare lo spessore della materia grigia potrebbe essere un buon metodo preventivo per l’assottigliamento della stessa dovuto all’avanzare dell’età e in tutte le situazione in cui la materia grigia è compromessa, come nel caso dell’ictus.
(lm&sdp)

Fonte

Copyright © 2009-2020 Maria Grazia Mauri

Webmaster Maria Grazia Mauri