Luce blu e luce gialla per epilessia e morbo di Parkinson
il mercoledì 13 gennaio 2010 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto


L'ESPERIMENTO SUI TOPI

«Mettere a tacere» alcune cellule nervose attraverso impulsi luminosi selettivi potrebbe rappresentare in futuro una nuova forma di trattamento

MILANO – Curare l’epilessia e il morbo di Parkinson con i colori? Siamo seri, potrebbe pensare qualcuno, questa è roba da cromoterapia, da medicina alternativa che promette, appunto, un beneficio terapeutico con l’utilizzo dei colori. E invece no. I neuroingegneri del famoso Mit, il Massachussets Institute of Technology di Boston, hanno appena scoperto che il «silenziamento», cioè la riduzione dell’attività di alcune aree cerebrali, attraverso la luce gialla o blu, potrebbe costituire una nuova forma di terapia di malattie caratterizzate da un’iperattività dei neuroni: non solo epilessia e Parkinson, ma anche dolore cronico e danni cerebrali di vario tipo. «Il silenziamento di alcuni gruppi di neuroni – ha spiegato Ed Boyden del Mit, il principale autore dello studio appena pubblicato su Nature – con la luce di differenti colori non solo ci permette di capire come queste cellule funzionano, ma anche di controllarle e quindi di agire in senso terapeutico».

ARCH E MAC - Il punto di partenza per lo studio dei «super-silenziatori» a colori sono due geni identificati in diversi organismi come batteri e funghi. Si chiamano Arch e Mac e servono per la produzione di proteine, sensibili alla luce, che aiutano gli organismi viventi a produrre energia. Per sperimentare gli effetti della luce, i ricercatori hanno costruito neuroni ingegnerizzati capaci di produrre queste due proteine (hanno cioè introdotto i geni nelle cellule neuronali di topo attraverso dei virus) e hanno provato a inibirle con stimoli luminosi di diversi colori dello spettro (attraverso fibre ottiche collegate a laser) in modo da ridurre l’attività dei neuroni (che hanno misurato con degli elettrodi). E hanno così scoperto che i neuroni capaci di produrre la proteina Arch sono «messi a tacere» dalla luce gialla, mentre quelli che esprimono proteina Mac sono «silenziati» dalla luce blu. Il problema adesso sta nell’identificare quali sono i meccanismi attivati nelle diverse malattie e nel trovare la dose e il colore di luce giusti per inibirli.

«OPTOGENETICA» - Questa nuova ricerca ha dei precedenti che via via hanno portato a ipotizzare il nuovo sistema di cura e a inaugurare una nuova tecnica che è stata definita optogenetica: combina, infatti, l’ottica con la genetica. Nel 2007 Boyden ha dimostrato che una proteina sensibile alla luce, l’alordopsina, può inibire l’attività dei neuroni quando viene illuminata. Ricerche più approfondite hanno portato, poi, alla scoperta di altre proteine sensibili alla luce e di nuovi silenziatori multicolori. I neuroni che esprimono la proteina Arch, per esempio, possono essere inibiti con maggiore precisione e si riattivano più rapidamente di quelli che esprimono l’alordopsina. Oggi i ricercatori sono in grado di manipolare differenti neuroni con differenti colori di luce e hanno cominciato a studiare questi sistemi sulle scimmie, una tappa indispensabile prima di poter ipotizzare una sperimentazione sull’uomo.

Adriana Bazzi

abazzi©corriere.it

13 gennaio 2010

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