Einstein: solchi anomali nel cervello
il domenica 31 maggio 2009 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto


Ultima ipotesi sul «segreto» del genio: una forma diversa dell'encefalo nella parte associata ai numeri
MILANO — La genialità di Albert Einstein forse ha lascia to traccia nel suo cervello. Con questa convinzione la pa­leoantropologa Dean Falk del l’Università della Florida ha elaborato e studiato le imma gini della materia cerebrale del grande scienziato arrivan do a una conclusione che giudica «interessante». Sui lo bi parietali normalmente as sociati alle abilità matemati che e alla cognizione spaziale e visuale la scienziata ha iden tificato in superficie una doz zina di variazioni rispetto alla norma. Sono rilievi e solchi che fanno pensare ad una riorganizzazione diversa da gli standard e frutto ipotizza bile delle straordinarie capaci tà intellettuali. Dean Falk è una illustre stu diosa dell’evoluzione cerebra le dei primi uomini, dei quali ha indagato anche le origini del linguaggio e le doti cogni tive. Ora applicando le stesse tecniche ha voluto esplorare quanto è rimasto della prezio sa materia grigia appartenuta al fisico più grande del Vente simo secolo che ha rivoluzio nato l’idea dello spazio e del tempo.

IL CERVELLO CONSERVATO - Einstein moriva all’ospeda le di Princeton nell’aprile 1955. Aveva 76 anni, e sul co modino trovarono le ultime formule con le quali cercava di creare una teoria del tutto. Aveva rifiutato un rischioso intervento chirurgico avver tendo i medici che decideva lui quando morire. E dava di sposizioni perché il suo cor po venisse cremato e le cene ri sparse al vento in un luogo segreto.
Così accadeva, ma non per il cervello che venne asporta to durante l’autopsia e conse gnato al patologo Thomas Harvey il quale lo trattò per la conservazione eseguendo una serie di fotografie ora uti lizzate da Dean Falk. Poi ne ri cavò 240 sottili campioni che montò su vetrini da microsco pio distribuiti agli studiosi che ne facevano richiesta. Il ri manente lo pose in un conte nitore sottovuoto che tenne con sé per decenni nei vari spostamenti fra gli Stati Uni ti. Egli pure cercò di analizzar lo senza però riscontrare nul la e nel 1998 restituiva il tutto al Medical Center dell’Univer sità di Princeton che ora lo conserva rigorosamente.

LE ANOMALIE - Nel 1985 un neuroscienzia to dell’Università di Califor nia, Marion Diamond, pubbli cava i primi risultati ottenuti dall’esame di alcuni vetrini sostenendo la presenza di un maggior numero di cellule ce rebrali rispetto alla norma. Negli anni seguenti Sandra Witelson alla McMaster Uni versity di Hamilton (Ontario) raccontava che le sue analisi mostravano nell’ area parieta le associata alla visione e al ra gionamento un’estensione del 15 per cento maggiore nei confronti del normale. Inol tre notava che il cervello in quella zona era privo di una tradizionale fessura fonden do insieme due aree molto importanti. Seguendo questi indizi Dean Falk ha voluto ap profondire trovando altre anomalie. «Il cervello di Einstein è ve ramente inusuale — com menta — Almeno in superfi cie sembra diverso dagli al tri ». Ma lei stessa ammette che è difficile stabilire se le forme osservate siano causa od effetto del genio. Ciò non toglie che i tentativi di indivi duare qualche prova si ripeta no nel tempo. E non solo per Einstein. Il Cremlino aveva addirittura creato un Istituto del cervello nel quale aveva invitato il neu rologo tedesco Oscar Vogt per esaminare il cervello di Lenin. E nell’Istituto si conser varono e si indagaro no fino al crollo del l’Unione Sovietica i cervelli di Stalin e Breznev ma anche di Majakovskij e Bul gakov, di Tupolev e Sacharov. Mai alcuna scoperta, tuttavia, emerse dagli illustri reperti.

LE IDEE - L’attrazione per il genio di Ulm è però troppo forte per non attrarre i ricercatori. Dalla sua mente usci rono 300 memorie scientifiche che rivo luzionarono la scienza ma lui stesso affermava di non ave re parole per spiegare i suoi risultati. «Una nuova idea ar riva all’improvviso e in ma niera piuttosto intuitiva», di ceva. «Vorrei che Einstein fos se vivo — conclude Dean Falk — e forse ponendogli certe domande scopriremmo come egli pensava».

Giovanni Caprara
26 maggio 2009

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