Medicina complementare. D’Ambrosio Lettieri: "Legislazione italiana in grande ritardo"
il mercoledì 12 ottobre 2011 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto

Per il senatore del Pdl, primo firmatario di due disegni di legge sulle medicine complementari, è urgente una regolamentazione "che garantisca sicurezza ai pazienti, dignità ai professionisti e un percorso meno accidentato al mondo dell’impresa che opera in questo ambito"


12 OTT - Dopo il convegno che ieri ha fatto emergere come sia sempre più diffuso il ricorso alle medicine complementari tra gli italiani, ma ancora carente la loro cornice regolatoria, Quotidiano Sanità ha intervistato il senatore Luigi D'Ambrosio Lettieri, segretario della commissione Igiene e Sanità del Senato, primo firmatario di due progetti di legge in materia nonché appena eletto presidente del neo costituito Ordine interprovinciale dei Farmacisti di Barletta-Andria-Trani.

Senatore D’Ambrosio Lettieri, ieri è stato ricordato come l’Italia sia in forte ritardo, rispetto al resto d’Europa, nella regolamentazione della medicina complementare.
Il primo disegno di legge che tentava di disciplinare la materia risale al 1985. Sono passati 26 anni e l’Italia non ha ancora una regolamentazione. Un ritardo enorme, anche considerato che nel resto d’Europa hanno già da tempo provveduto a colmare questo vulnus.
Voglio sottolineare che io non sono tra quelli che scalpitano per dare disco verde a tutte le medicine non convenzionali né a inneggiarne gli effetti terapeutici, come non sono tra quelli che avversano sempre e comunque le nuove metodologie terapeutiche. Ma faccio una considerazione molto semplice: il 15% degli italiani fa uso di queste medicine; non è possibile che la materia resti priva di regolamentazione perché questo determina una condizione di potenziale rischio e pregiudizio per i profili di tutela della salute pubblica.
Quei cittadini che si rivolgono a queste metodiche devono vedere garantita la sicurezza e la qualità delle prestazioni. La regolamentazione serve anzitutto a questo.

In Parlamento sono stati depositati molti disegni di legge in materia, due dei quali a sua firma. A quali altre problematiche vogliono dare risposta?
Almeno ad altre tre. Anzitutto la formazione dei professionisti, perché oggi in Italia vi sono decine di migliaia di professionisti che operano in questo ambito sulla base di percorsi formativi eterogenei e non certificati; non sappiamo quindi se siano stati formati illuminati dal rigore della scienza o sulla base di altri interessi.
La regolamentazione è poi necessaria per contrastare in modo efficace l’abusivismo professionale e la contraffazione, che oggi finiscono spesso alla ribalta della cronaca grazie alla notevole e preziosa attività svolta dai carabinieri dei Nas.
Non è possibile, infine, che le aziende che operano in questo settore sul versante della produzione, e mi riferisco soprattutto quelle italiane, siano costrette ad andare a tentoni attraverso un percorso accidentato perché non esistono procedure chiare. Queste condizioni finiscono per rendere deboli e mettere fuori competizione centinaia di aziende che pure concorrono al Pil e all’occupazione.
Sono queste le problematiche fondamentali a cui le proposte di legge cercano di dare risposte.

Ma quali sono i tempi per l’approvazione di testo che regolamenti il settore?
Questo non sono in condizioni di dirlo. Posso però affermare che, anche sulla base delle dichiarazioni fatte ieri dai rappresentati del ministero intervenuti al convegno, non ci sono pregiudizi da parte del Governo. Al contrario, c’è disponibilità ad affrontare l’argomento, seppure con giustificata e condivisibile prudenza.
Voglio inoltre sottolineare che all’interno del Senato non c’è discriminazione politica, tanto che i miei disegni di legge hanno registrato l’adesione di colleghi di Maggioranza e di Opposizione.

Può darci qualche dettaglio in più su i suoi disegni di legge?
Gli obiettivi sono quelli che ho citato sopra, ma ho ritenuto più corretto, nonché strategico per la discussione parlamentare, suddividere la materia in due provvedimenti: il primo dedicato all’omeopatia e il secondo alla Medicina tradizionale cinese e agopuntura.

Pochi mesi fa il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha annunciato che il ministero sta lavorando con l’Aifa alla creazione di una nuova classe nel prontuario farmaceutico proprio per i medicinali omeopatici. Cosa pensa di questa iniziativa?

Non credo che sia questo il problema. Occorre infatti ricordare che già 15 anni fa l’Italia ha recepito una normativa comunitaria che ha trasformato in medicinali omeopatici quelli che prima venivano chiamati solo “rimedi omeopatici”. Con il decreto legislativo 219/2006, con cui l’Italia ha recepito il Codice europeo sui medicinali, trovano inoltre diritto di cittadinanza i medicinali omeopatici. Senza dimenticare che nella Farmacopea della Repubblica italiana, che è un po’ la bibbia dei medicamenti, sono riportate le monografie sulle preparazioni omeopatiche.
Ma c’è un paradosso. Infatti a questi provvedimenti, che sono pietre miliari che recepiscono e disciplinano il farmaco omeopatico, non fa sponda un’altrettanto chiara disciplina della medicina omeopatica che ne legittima l’uso. È una contraddizione a cui va assolutamente posto rimedio.

Ritiene che si potrebbe pensare anche all’introduzione della medicina complementare tra i Lea?
Penso che parlarne adesso sia presto. Allo stato attuale, anche considerato il difficile periodo economico, dobbiamo lavorare perché rientrino nei Lea prestazioni richieste e necessari, come quelle per la disabilità e le patologie croniche.
Il percorso della medicina complementare va fatto per passi. E il passo da compiere oggi è quello di approvare una regolamentazione che garantisca sicurezza ai pazienti, dignità ai professionisti e un percorso meno accidentato al mondo dell’impresa che opera in questo ambito. Al resto penseremo dopo.

Lucia Conti


12 ottobre 2011

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